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Approfondimento

Il grazioso borgo medievale se ne sta disteso sulla sponda destra del fiume Sesia. È di antichissima fondazione e viene menzionato nei documenti, la prima volta, nel 1152 (diploma dell’imperatore Federico I con conferma dei possedimenti della chiesa vercellese). I suoi abitanti, come nel caso di Bornate, vengono chiamati Arimanni; nel 1567, pare a causa di litigi frequenti, ottennero l’indipendenza come comunità. Si tratta di una comunità ricca, prova ne sia il numero e la bellezza delle sue chiese. Vintebbio si separò dalla comunità religiosa di Serravalle nel 1595. L’antica chiesa parrocchiale era quella dedicata a san Giuseppe, posta ai piedi del castello, e rimasta in funzione fino al 1667. Al suo interno si conservano affreschi del Cinquecento. Sotto la costruzione sappiamo esistere l’area di un sepolcreto.

Sulla roccia popolarmente chiamata il "sasso della Madonna", posta di fronte alla chiesa di san Giuseppe e affacciata verso il fiume Sesia, si trova la chiesa della Madonna del Rosario. Questa fu eretta nel 1628; si pensa che la costruzione abbia inglobato un antico pilone votivo destinato a proteggere il paese dalle piene del fiume Sesia. All'interno stanno tre altari in legno seicenteschi: quello maggiore, dedicato alla Madonna del Rosario, con le statue di san Domenico e santa Teresa; quello sinistro dedicato alla Madonna delle Grazie; e quello destro dedicato di sant'Elisabetta e san Carlo. L’architrave scolpito risale al 1674. La chiesa è sede della Confraternita del Rosario, della quale si conserva una pergamena miniata dell’atto di riconoscimento (1636).

L’attuale chiesa parrocchiale sta, invece, al centro del villaggio ed è dedicata a sant'Eusebio. È provvista di torre campanaria e un elegante portico a tre luci reso elegante dalle colonnine di serizzo rialzate dal dado. Al centro della facciata stanno due nicchie, accanto alla finestra centrale, contenenti le figure di san Pietro e san Paolo mentre, nel timpano triangolare, un’altra piccola nicchia contiene la statuina di sant'Eusebio vescovo. Fulcro della chiesa è il bellissimo altare ligneo seicentesco scolpito, dorato e dipinto adorno di 20 statuette, posto sull'altar maggiore. La costruzione risale al 1667, anno in cui venne dismessa la chiesa antica sotto il castello.

Affacciata sulla strada principale sta anche una chiesa evangelica frequentata dalla comunità protestante presente dal 1927.

La cappella di san Rocco si trova, invece, sulla strada provinciale dove ha inizio la carreggiabile verso Vintebbio e località Cascine. Di questa piccola cappella di campagna non si conosce pressoché nulla. Un indizio sulla vicenda edificatoria deriva da una nota, posta in un registro, nel quale si legge che il parroco e i parrocchiani di Vintebbio si votavano a san Rocco per ottenere la liberazione e preservazione da certe malattie che facevano strage fra gli animali.

Un tempo anche a Vintebbio si producevano vini, il più noto dei quali era coltivato in località Costa. Passeggiando tra le strette stradine interne si apprezzano ancora porzioni di muro costruiti con pietre disposte “a lisca di pesce”.


La maggior parte degli articoli e delle persone antepongono la parola “rovine” parlando dei resti di questa straordinaria fortificazione. Nonostante la distruzione subita, invece, il castello di Vintebbio è l’unico a poterci restituire, anche se solo in minima parte, la grandezza e l’impatto visivo che questo sito, unito agli altri della catena di fortificazioni duecentesche costruita tra Gattinara e Roccapietra, doveva evocare in un semplice viaggiatore…o tra le fila di una soldatesca. Intatti questo possente maniero fu eretto per volere dei vescovi di Vercelli nel tentativo di difendere l’area dalle continue rappresaglie che caratterizzano, in generale, l’età comunale.

Non possediamo documenti circa la fondazione del castello; gli studiosi però pensano che la fondazione possa risalire al 750 – 800. Dall'analisi di quanto rimane si capisce che fu rimaneggiato ancora durante il XIII secolo prima di essere distrutto nel 1559 per mano dei valsesiani che, in momenti diversi, atterrano tutte le fortificazioni antiche. Nelle carte pubbliche questo castello viene indicato con il nome di “castrum Vintidi”. La tradizione vuole che si trovi in luogo di un precedente castrum romano ma non vi sono evidenze di alcun genere per poterlo affermare. Era presidiato da un castellano, nominato da Vercelli, e il comparto armato constava di almeno sette uomini.

Del castello restano alcune mura perimetrali e una torre d'avancorpo meridionale a pianta quadrata con fregio “a denti di lupo”; alcune feritoie; delle finestre a bifora ben conservate nella parete a levante, la meglio conservata; una porzione dell'ingresso. Nel complesso la muratura è molto spessa. Nella parte rivolta verso la montagna essa digrada fino a scomparire, segno evidente che il castello era inclinato verso la parte esposta più facilmente ad assalto.

Il pianoro offre un bellissimo panorama sulla valle che spazia dal fiume alla fisionomia del monte Fenera e agli abitati intorno.

Si raggiunge questo luogo grazie a due sentieri, a ponente e a levante; il più comodo è quello che si guadagna passando dal paese (via san Grato).

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