Valbusaga
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Approfondimento
Immersa tra i boschi e la campagna, Valbusaga è un paese di testa rispetto alla strada carrozzabile ma è ben collegata, attraverso i sentieri che serpeggiano tra le colline, alle altre frazioni, frequentate dai ciclisti e dagli amanti delle camminate. La data di fondazione non è nota, ma sono presenti vari casali antichi e, nella “casa dei terrieri”, si possono osservare degli strumenti agricoli tradizionali. A Valbusaga erano attive diverse cave di argilla per la fabbricazione dei coppi (tegole per i tetti). Il materiale era trasportato alle fornaci di Borgosesia attraverso appositi vagoni agganciati ad una teleferica, ormai scomparsa. Nelle fornaci l’argilla veniva trasformata in coppi. Il ricordo della attività più caratteristica di Valbusaga sopravvive, oggi, nella figura del Pesta Pauta (pesta fango) la maschera del carnevale rionale.
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In una zona poco visibile stanno il vecchio torchio, in legno, e una macina per la canapa. L’oratorio di San Martino, ai margini della frazione, si trova su un'antica via di comunicazione tra Borgosesia e le frazioni alte della valle di Valduggia e della zona del Cusio. L’oratorio è nominato, per la prima volta, nel 1477 in occasione dell’elenco delle chiese di Borgosesia poste sotto la cura di Sesone de’ Sesoni; risale al 1628, invece, una prima descrizione del suo stato, ricavabile dagli atti della visita pastorale compilata dal vescovo Volpi. Nel 1654 si inizia a pianificare una sostanziale ristrutturazione per volontà di un Gian Battista Frascotti, che istituirà una cappellanìa, ma i lavori verranno eseguiti solo entro il 1696, anno impresso sulla facciata dell’oratorio. All’esterno, nella sobria facciata a capanna, è dipinta una Vergine tra due santi – ma l’affresco è, oggi, del tutto illeggibile; il campanile, preparato qualche anno prima (1690) è dotato di un concerto campanario prodotto dalla ditta Mazzola di Valduggia; all’interno ci attende una piccola aula a pianta centrale, con zona absidale quadrata, parzialmente incavata nella collinetta retrostante. Grandiosa la pala d’altare, realizzata nel 1727 da Tarquinio Grassi per opera dei “benfattori di Valbusaga abitanti in Piemonte”, come recita il cartiglio dipinto: vi si osserva la Vergine in trono con il bambino in braccio tra i santi Martino, con il cavallo bianco, e Pietro. Nel presbiterio stanno anche le tele raffiguranti la Sacra Famiglia con santa Elisabetta e san Giovannino Battista, e l’Annunciazione. In navata, invece, è stata sistemata l’opera più rilevante, una grande tela dipinta, sempre di Tarquinio Grassi, piuttosto complessa poichè appaiono diversi momenti narrativi: in alto la Vergine Addolorata, con gli strumenti della Passione in mano, circondata da nubi e puttini; in mezzo il martirio di santa Barbara, morta per mano del padre – a sua volta ucciso da un fulmine per volere divino; in basso il martirio di san Lorenzo prete (ovvero di un evangelizzatore della diocesi di Novara del III secolo, da non confondere con l’omonimo, più conosciuto). Da notare che il padre di santa Barbara indossa scimitarra e turbante, abiti di foggia turca a richiamare terribili fatti di cronaca (l’assedio di Vienna e la cacciata dei mussulmani, 1683)
In basso a destra sta lo stemma nobiliare dei Gibellino e il nome, in lettere capitali, del Grassi.