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Oratorio San Jacu Pittu a Cellio

Invalsesia Cellio

Approfondimento

In località Bosco di Cellio si trova l'Oratorio di San Jacu Pittu (San Giacomo) che rappresenta una delle testimonianze più interessanti dell’antichità degli insediamenti collinari. In origine l’edificio si affacciava su una strada pubblica particolarmente trafficata. La stessa dedicazione a san Giacomo, invocato a protezione dei viaggiatori, risulta illuminante per comprendere la genesi del luogo. I documenti seicenteschi, come l’inventario Taverna del 1618, riportano che la lunghezza complessiva della chiesa era di cinque metri. Pare che poi sia stata abbandonata per un certo periodo fino ad alcuni lavori di ristrutturazione per l’innalzamento del tetto e l’allungamento della navata, raggiungendo le forme attuali, per essere riconsacrata nel 1684. Nel corso dei decenni successivi si procedette alla copertura del tetto con i coppi per sostituire la paglia (post 1760).


Oggi San Jacu Pittu si trova in posizione decisamente isolata e immersa in splendidi boschi. Dei suoi affreschi quattrocenteschi, con ogni probabilità estesi a tutto l’interno della chiesa come tipico in Valsesia, resta poco: una Maiestas Domini nel catino absidale, l’Annunciazione nell’arcone trionfale, frammenti di aureole di santi; nella parete destra appaiono il “miracolo dell’Impiccato” riferito a san Giacomo Maggiore (la storia narra che il santo salvò un ragazzo, figlio di pellegrini tedeschi diretti a Santiago, impiccato a Santo Domingo de la Calzada con l’accusa di essere un ladro; rivelata la vera colpevole, una spasimante non ricambiata, i genitori del ragazzo si recarono dal prefetto per raccontare il miracolo e quello, incredulo, avrebbe risposto: “vostro figlio è vivo come questi due polli arrostiti che sto per gustarmi” e, in quell’istante, i polli si ricomposero e iniziarono a cantare, sempre per intercessione del santo, tanto che nella cattedrale del paese, ancor oggi, è visibile una gabbia nella quale vengono tenuti dei polli vivi), e le figure di santa Caterina d’Alessandria e sant’Antonio Abate. In esterno, invece, si apprezza ancora un san Cristoforo, purtroppo molto danneggiato. Gli affreschi furono eseguiti da ignoto autore, nominato dagli studiosi “Maestro di san Jacu Pittu”, che pare fosse un pittore errante e alla cui mano potrebbero appartenere altri lavori in Valsesia, nell’area novarese, in Val Vigezzo e in Canton Ticino; si tratta di un artista dallo stile piuttosto statico nella resa iconografica ma molto curato nella resa dei dettagli e aggiornato alle botteghe contemporanee nel linguaggio decorativo.

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