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Approfondimento

Una stradicciola ciottolata fiancheggiata dalle stazioni della Via Crucis conduce al bell’oratorio costruito in posizione panoramica sul paese.

Dagli studi condotti sappiamo che in questo luogo, in origine, doveva essere presente una cappella ad orandum risalente almeno al Quattrocento trasformata poi, nel Cinquecento, in piccola chiesa e, nel Seicento, nell’oratorio che oggi conosciamo.

Dal portico elegante si guadagna una piccola aula, accessibile solo esternamente, un tempo destinata ad uso dell’eremita guardiano della chiesa nonché cappellano della Confraternita di santa Marta.

Le forme interne risalgono ai lavori di ampliamento realizzati nel 1617: la chiesa di santa Maria delle Grazie perde la dignità di parrocchiale e si rende necessario un nuovo edificio per tali funzioni. L’interno è composto da aula unica e profonda abside. Sul fianco destro si trova un’unica cappella dedicata a santa Marta mentre, sul fianco sinistro, si trovano una cappellina dedicata alla Madonna di Lourdes, il campanile, un locale destinato alla Confraternita e la sacrestia. Risale al 1688 il grande altar maggiore con l’ancona in legno scolpito a sostenere il dipinto della Madonna con il Bambino e i santi Graziano, Marta, Antonio da Padova.

La composizione degli affreschi conservati nella cappella di santa Marta è indizio della sua antichità: essi, infatti, risalgono al 1576 e furono commissionati da un certo Guglielmo Verletto, come si evince dalla scritta presente sulla composizione. Gli affreschi raffigurano una Madonna con il Bambino tra santa Marta e san Gaudenzio. Romano indica una attribuzione alla bottega di Giuseppe Giovenone il giovane e specifica che, diversamente da quanto indicato nella scritta, la data del 1576 si riferirebbe solo alla preparazione del paliotto con la Pietà ascrivibile ad una diversa mano, peraltro anonima.

All’altezza dell’altare della cappella si innesta il volume di una cappella precedente: infatti, gli studi condotti da Romano nel 1982 hanno portato alla luce una piccola abside più profonda, semicircolare, coperta di affreschi accompagnati dalla scritta in caratteri gotici “Mcccclxiiii (1464) Bartolonus Pinxit” indicanti l’autore anche di altre opere sparse su un territorio piuttosto ampio. Gli studiosi immaginano che la piccola abside fosse relativa ad una chiesa precedente all’attuale, completa di altare e vano antistante, poi inglobata. Negli affreschi si trovano raffigurati il Cristo Pantocrator, i dodici Apostoli con cartigli in cui sono segnate le frasi del Credo, alcune Opere di Misericordia; nel fronte sta una Annunciazione con san Sebastiano e una Madonna con il Bambino. Curiosamente gli stessi studiosi notano che non vi sono riferimenti al patrono dell’attuale chiesa, segno evidente che in origine la dedicazione della chiesa era diversa.

Nel corso del Settecento si avvicendano altri ritocchi: la sistemazione del coro, della sacrestia, dell’altare attuale in marmi policromi; l’aggiunta esterna dell’Ossario e della Via Crucis voluta dal frate francescano grignaschese Angelo Maria. Della Via Crucis la tradizione tramanda affreschi realizzati da Lorenzo Peracino di Cellio ma il grave stato di deterioramento non lascia spazio ad una lettura efficace. Nel 1933 sono state posizionate delle formelle in cemento realizzate dallo scultore Luigi Avondo.

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