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Invalsesia Borgosesia

Approfondimento

La strada che conduce ad uno dei belvederi più belli di Borgosesia attraversa la campagna e i prati pascolo. Il borgo si trova in mezzo al rio Basasca e al rio Bornino. Fino al 1928 Foresto è stato comune autonomo, tant’è vero che è dotato di un palazzotto, rimodernato poco dopo il 1853, per ospitare comune, scuole e sacerdote – il quale si occupava della cura delle anime e della conduzione della scuola. A inizio Novecento don Ravelli appunta che Foresto appariva come un borgo con “…case che non molto tempo addietro erano neri abituri coperti di paglia, ora sono tutte linde e pulite, segno evidente dell’agiatezza dei suoi abitanti operosissimi”: l’operosità cui si riferisce lo storico è anche quella legata alla forte emigrazione che ha interessato il paese; ma Foresto è anche luogo di estesi alpeggi e di produzione del burro più ricercato di Borgosesia, oltre che di legnami. Nell’area si trovano diverse cave, tra le quali quella di ardesie, alabastro, granito e pozzolana; almeno undici fornaci di calce, mattoni e gesso; e diverse miniere. I documenti attestano l’esistenza di Foresto nel medioevo: lo nomina per la prima volta una Bolla di Lucio III del 1184 con cui viene donato al monastero di san Pietro in Castelletto il mansus Foresti et Ductii (fondo, o podere colonico, di Foresto e Doccio); e il cittadinatico vercellese del 1217. Don Ravelli segnala però una iscrizione d’epoca romana rinvenuta a inizio Ottocento da un certo Delprato che attesterebbe l’esistenza del villaggio ben prima della bolla del 1184.


Foresto ottiene l’indipendenza parrocchiale nel 1564 staccandosi da Agnona. È a quel punto che sono ampliate o costruite le sue chiese. Il paese è anticipato dalla bella cappella dedicata alla Visitazione, settecentesca, immersa nei prati e purtroppo decisamente ammalorata.

La chiesa dedicata a san Giovanni Evangelista sorge in una sorta di giardino sacro piuttosto suggestivo. È cinta all’esterno dalle edicole della Via Crucis e dal piccolo cimitero ottocentesco che insistono nell’antica area cimiteriale. L’edificio, dalle forme solide, è rimaneggiato nel Settecento; è provvisto del consueto portico elegante a tre luci e colonnine snelle rialzate dal dado e provviste di capitello, in mezzo al quale stanno le figure dipinte di san Grato e san Rocco. All’interno la chiesa conserva opere pregevoli: sull’altar maggiore sta un dipinto raffigurante l’Immacolata Concezione tra i santi Giovanni Evangelista e Giovanni Battista (Antonio Lucino, 1715) in mezzo ad una cornice dipinta da Antonio Orgiazzi il Vecchio; nel presbiterio stanno gli affreschi dei fratelli Avondo (1848) raffiguranti alcuni episodi della vita del patrono affiancato dalle immagini degli Evangelisti; sull’architrave sta invece l’affresco della Trinità, opera di Carlo Borsetti (1755-56); in chiesa si trovano opere anche di artisti non valsesiani: sull’altare dedicato a san Carlo si trova il dipinto del Cristo Risorto realizzato dal Cantalupi di Miasino e, nell’altare corrispettivo, sta la scultura del Sacro Cuore preparata da artigiani della Valgardena.


Nel Seicento fu costruito l’oratorio della Beata Vergine Assunta sul poggio del monte Cerveto (958 m) che sovrasta il villaggio, comunemente conosciuta come “chiesa degli Alpini”. La parte più ricca dell’arredamento decorativo della chiesa è costituito dalla zona absidale: sull’arcone trionfale appaiono la Trinità tra nuvoli e puttini mentre, sui pilastri laterali, due finte nicchie con san Rocco e sant’Anna, tutte opere risalenti al 1755-56 nate dal lavoro congiunto di Carlo Borsetti e Antonio Orgiazzi il Vecchio.

La chiesa di san Bernardo, a circa un’ora e mezza di cammino da Foresto, risale al 1472: si tratta di uno degli edifici religiosi più antichi dell’area, anche se viene pressochè rifatta nel 1641.

Uno degli artigiani più famosi di Foresto fu Pietro Battistolo (1803 – Torino 1874) valente ricamatore in oro.

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