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Doccio è un’interessante borgo medievale: passeggiando lungo l’unica e stretta viuzza che attraversa senza soluzione di continuità il villaggio si notano basamenti e murature in ciottoli di fiume sistemate “a lisca di pesce”, corti interne, un forno, i lavatoi etc…
Il paese è circondato da antichi alpeggi: Fei, con il suo lavatoio e l’oratorio di santa Caterina; Prà Grand, anticipato da uno splendido bosco di castagni e la chiesetta di san Bernardo; Moj dal Pidrin, Mollie; Ormezzano, con una vista panoramica sulla valle sottostante e alcune baite “taragn”, anche se oggi non sono più coperte con le tipiche fascine in paglia di canapa; Creus da l’Erta, dove sin dal 1759 si documentano fornaci di calcina. Tutta la frazione è ricca di prati e frutteti e, in alcuni punti, si sono conservati alcuni alberi di gelso, ultimi testimoni delle filande per le coltivazioni dei bachi da seta, molto sviluppate fino a inizio Novecento.


Doccio nasce grazie all'arrivo dei monaci di Cluny, in particolare ad opera di alcuni monaci provenienti dalla comunità insediata nel Principato di Lucedio (Vercelli). Giungevano a Doccio attraversando Parone per espletare il servizio spirituale. Si possono ancora rintracciare alcuni toponimi e edifici importanti come la chiesa di san Bonomio, una delle mete di maggiore interesse culturale. Caso unico in Valsesia, i monaci sin dal 1184 possedevano in quest'area una sorta di fattoria. La chiesa di Doccio è intitolata a uno degli abati dell’ordine maggiormente noti, appunto Bononio (m. 1206) nativo di Bologna, con un trascorso da eremita in Oriente e di reggenza nell'abazia di Lucedio. La tradizione agiografica afferma che il santo venne in visita alla chiesa dei santi Pietro e Paolo di Parone e si fermò a riposare nell'area dell'attuale chiesa.

La chiesa, rimaneggiata nel corso del Seicento, è diversa da come doveva apparire quella medievale primitiva, più bassa e decorata con affreschi e archetti pensili esterni. Sorge sulla riva orografica destra del fiume Sesia e si presenta come un edificio semplice, a navata unica coperta da un tetto a capanna. Esternamente stanno la torre campanaria e la cappella ossario.  Tra il 1740 e il 1750 venne innalzata sia la chiesa che la torre campanaria. Quest’ultima venne coronata con una nuova guglia nel 1819 e, nel 1824, dotata di orologio da Giacomo Bertoli.

A breve distanza si trovano invece il campo santo con la chiesa settecentesca dedicata a santa Marta e, verso le prime frazioni di Varallo, il coevo oratorio di san Bernardo, testimoni della relativa ricchezza di cui ha goduto Doccio nei tempi passati e della fervente devozione popolare.

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