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Chiesa parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo

Invalsesia Borgosesia

Approfondimento

La chiesa principale di Borgosesia dedicata ai santi Pietro e Paolo si trova in mezzo ad un’antica area sepolcrale di epoca romana (ca. V secolo), nel centro storico, ed è frutto di alcuni rimaneggiamenti occorsi in più momenti (XV – XVIII secolo) di cui si hanno notizie scarse. Il vescovo Bescapé definiva questa chiesa “matrice di tutta la valle”. La chiesa più antica documentata risale all'epoca romanica ed è descritta negli atti della visita pastorale del vescovo Speciano (1590). Gli scavi archeologici e la posa del riscaldamento sotto la pavimentazione condotti nel Novecento hanno permesso di individuare l’edificio precedente con una buona approssimazione; anche nella torre campanaria si vedono alcune decorazioni ad archetto pensile precedenti al rifacimento della parte sommitale del 1634, anno nel quale il campanile fu danneggiato da un fulmine costringendo a lavori di ricostruzione che otturarono la vecchia fisionomia della struttura.

Dal sottile sagrato antistante la strada si osserva una elegante facciata a capanna, in stile neoclassico, ritmata da lesene e capitelli ionici, nicchie per ospitare le statue in pietra dei santi Pietro e Paolo, cornicioni; più coreografica la visuale dal lato meridionale, verso piazza Martiri, poiché si osserva una parte della storia architettonica della chiesa e la sua sproporzione rispetto alla facciata.


All'interno la chiesa si presenta a navata unica con sei cappelle laterali e pianta a croce latina. In origine, tutte le cappelle non comunicavano tra loro ed erano divise dalla navata da cancelli in ferro battuto; nel corso dell’Ottocento si è deciso di modificare gli accessi per consentire più spazio e passaggio. In ogni cappella si trovano opere realizzate dai più importanti nomi dell’arte valsesiana, cosa che sottolinea l’importanza della città e della chiesa parrocchiale

Nel fianco sinistro si trovano: la cappella del Crocefisso, affrescata da Lorenzo Peracino di Cellio con un battistero degli anni Sessanta del Novecento; la cappella dedicata a san Giuseppe, con la statua seicentesca in legno scolpito, dorato e dipinto attribuita a Francesco Antonio d’Alberto (1688-1705), purtroppo mutila del bambino e, ai lati, le sculture lignee delle sante Apollonia e Lucia (ignoto autore, ca. 1689), originariamente poste ai lati dell’altare maggiore della chiesa; gli affreschi sono di Tarquinio Grassi (1690). La navatella si conclude con la cappella dedicata a san Giovanni Battista: è qui la tavola dipinta da Bernardino Lanino, fedele seguace di Gaudenzio Ferrari, che nel 1539 produce un dipinto fedele ai modi del maestro rinascimentale. La tavola, nella quale sono rappresentati la Vergine in trono con il Bambino tra i santi Gaudenzio vescovo, Cristoforo, Pietro e Paolo, Giovanni Battista (adulto) ritratti in mezzo ad una cornice di panneggio purpureo che si apre su sfondi naturali, è stilisticamente molto vicina alla pala della Madonna degli aranci prodotta da Gaudenzio per la chiesa di san Cristoforo di Vercelli. È straordinariamente presente anche la predella, ovvero l’appoggio del dipinto, a sua volta composto di tavolette dipinte con le immagini della vita dei santi Pietro e Paolo. Gli affreschi della cappella, invece, sono stati eseguiti nel Settecento da Lorenzo Peracino da Cellio.

Il presbiterio presenta due cappelle: quella sinistra dedicata alla Vergine del Rosario, con uno splendido altare ligneo scolpito, dorato e dipinto attribuito a Francesco Antonio d’Alberto (ca. 1689), e provvista di quadretti in metallo dipinti con i misteri del Rosario da Cristoforo Martinolio, detto il Rocca (1663) – la statua delle Vergine, invece, è una copia dell’originale creata da Giuseppe Marchino nel 1832; quella di destra dedicata originariamente a san Nicola e reintitolata, nel 1612, a san Carlo Borromeo.


Da qui è possibile scendere nello scurolo, costruito nel 1712 per ospitare il corpo di santa Paolina, un corpo santo estratto dalla catacomba di Priscilla e giunto a Borgosesia nel 1688 grazie al tramite del canonico di Novara don Carlo Gibellini. All’inizio il corpo santo doveva trovare posto nella cappella gentilizia dei Gibellini (cappella dedicata a san Francesco) ma, dopo vari spostamenti, si decise per la riedificazione dello scurolo; nel 1948, senza un motivo ufficiale, santa Paolina tornò nella cappella dedicata a san Francesco, dove si trova tutt’oggi.

Il presbiterio è stato affrescato nell’Ottocento da Giovan Battista Zali con gli episodi di san Pietro predicante a Gerusalemme e san Paolo all’Aeropago. Nel coro sta anche la grande tela dipinta da Pier Francesco Gianoli con il Tibi dabo claves.

Nel fianco sinistro si trovano: la cappella dedicata alla Pietà, o Buona Morte, con affreschi di angeli musicanti realizzati Tarquinio e Vitaliano Grassi (ca. 1708 – 1710) a rappresentare il Paradiso mentre, a terra, si trovano tre lapidi sepolcrali che individuano i luoghi di sepoltura per donne, uomini e bambini. La seconda cappella originariamente era vuota, e ospitava l’organo; solo dopo il 1892, con il posizionamento della balconata lignea sopra la bussola dell’ingresso, l’organo sarà spostato e la cappella acquisirà la dedicazione a san Rocco; per l’occasione viene posta sopra l’altare la grande tela proveniente dall’oratorio di san Rocco, atterrato, e verrà affrescata da Pier Francesco Gilardi. La terza cappella è dedicata a san Francesco, ed è la cappella gentilizia dell’influente famiglia notabile dei Gibellini di Borgosesia. Sono qui gli affreschi del grande Antonio D’Enrico, meglio conosciuto come Tanzio (1632-33): si tratta dell’ultima opera dell’artista, morto nel convento della chiesa di santa Maria delle Grazie di Varallo proprio durante i lavori in questa cappella. Gli affreschi, per una piccola parte, sono stati terminati nel 1633 dal fratello più grande, Melchiorre, e rappresentano alcune storie della vita di san Francesco oltre ai simboli della congrega.

L’organo della Collegiata di Borgosesia risale alla metà del Seicento e la canna centrale è considerata la più grande di quel periodo conservatasi in Italia.

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