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Invalsesia Cellio

Approfondimento

La parrocchia di Cellio, originariamente unita a quelle del Pagus Agaminus (Ghemme) insieme a Borgosesia, Valduggia, Ara, Grignasco e Prato, divenne autonoma entro la seconda metà del Cinquecento. La chiesa, già dedicata a san Lorenzo, viene consacrata il 7 settembre 1590, come riportato negli atti della visita pastorale del vescovo Cesare Speciano, ma conserva la data del 1585 incisa nell'anta sinistra del portale maggiore della facciata.

L’edificio si affaccia su un ampio sagrato panoramico, originariamente luogo del cimitero (è ancora presente l’antica croce in pietra risalente al 1598) e si presenta a navata unica con sei cappelle laterali, risultato degli interventi di rimodellamento dell’edificio sviluppati a partire dal 1669, quando a Lorenzo Battaglia viene affidato l'incarico di ristrutturare e ingrandire la chiesa basandosi su un disegno ridotto dell’architetto Pellegrino Tibaldi.

Della struttura cinquecentesca sono mantenute solo la cappella di san Carlo, il presbiterio (i cui altari già cinquecenteschi dedicati all'Immacolata Concezione e alla Madonna del SS. Rosario saranno sostituiti dagli attuali risalenti al 1878) e il portale d'ingresso; la parte più rilevante della ricostruzione riguardò la parte meridionale della chiesa con la costruzione della cappella dei Morti e della Cappella di San Giuseppe mentre, nel 1754, Lorenzo Peracino edificherà la cappella del Crocifisso per poi procedere con gli affreschi e la realizzazione della scultura del Crocifisso.

Nella cappella sinistra, dedicata a san Carlo, si conserva la tela dipinta nel 1628 da Tanzio (Antonio D’Enrico) San Carlo porta in processione il Sacro Chiodo, inserita in una splendida ancona lignea scolpita da Gaudenzio Bonino, intagliatore varallese, e dorata e dipinta dal “Rocca” (Carlo Rocca di Roccapietra). La cappella è rifinita con tre vetri istoriati a fuoco datati 1623.


Risale al decennio 1676-86 la costruzione della cappella dedicata a san Cirillo, contenente le reliquie del santo dentro una bella macchina d’altare in legno suddivisa in due registri: nella parte bassa l’urna contenente il corpo e la parte superiore con la pala dipinta raffigurante La decollazione di San Cirillo, di ignoto autore ma realizzato contemporaneamente alla cornice; entrambi i registri possiedono un meccanismo di sipario amovibile. Il timpano superiore ingloba la vetrata. L’ancona è attribuita a Giovanni Giacomo Fantino, nativo della Colma di Valduggia. Stando agli atti ecclesiastici seicenteschi, le reliquie della salma del santo provengono dal cimitero romano di san Callisto, posto sulla via Appia in Roma. Cirillo sarebbe stato un soldato imperiale che, mosso da pietà e carità cristiana, avrebbe ripetutamente soccorso santa Anastasia durante le torture inflitte offrendole acqua; scoperto, e palesata la sua fede cristiana, fu a propria volta giustiziato.

Da notare gli affreschi del Coro, raffiguranti l’Invenzione e l’Esaltazione della Santa Croce eseguiti dal Rocca; suoi anche i quattro medaglioni affrescati nelle volte a botte della navata della chiesa raffiguranti momenti di vita di san Lorenzo.

Elegantissime le decorazioni in stucco che caratterizzano tutta la navata e la zona presbiteriale, apprezzabili nei sottarchi, nel cornicione e intorno ai medaglioni ad affresco.

L'altare maggiore, completo dell’elegante balaustra, è del Peracino (1785). La bussola lignea dell’ingresso, invece, disegnata da Lorenzo Francione e scolpita da Longhetti di Varallo, viene finita e posizionata entro il 1863.


Il simbolo incontrovertibile di Cellio è, però, l’adiacente campanile anche se, forse, andrebbe definito torre campanaria. Poderose le sue misure: 25 metri di profondità per le fondamenta, 10 metri per lato alla base, 3 metri di spessore, 56 di altezza complessiva; 186 sono i gradini utili a raggiungere le campane, mentre 220 quelli necessari a raggiungere il cornicione. Il concerto campanario nota due opposti: il campanone, issato per la prima volta nel 1748, rifuso nel 1786 e ancora una ultima volta nel 1920; e il ciuchìn, la campana più piccola, datata 1447.

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