Il popolo Walser
La storia del popolo Walser in Valsesia inizia verso la metà del XIII secolo
Le case Walser in Valsesia
Oltre alla visita dei 3 Musei dedicati al popolo Walser che si trovano ad Alagna e Rimella si può godere della peculiare struttura delle case Walser semplicemente passeggiando nei piccoli borghi che hanno mantenuto pressoché intatte le caratteristiche dei villaggi primigeni.
È così che si scoprono strutture interamente in pietra e legno, quadrangolari, rese forti dal sistema “blockbau“, ricoperte da un tetto di beole e circondate dalla particolarissima lobbia, vero tratto distintivo delle abitazioni Walser in terra valsesiana.

Una piccola introduzione
Il popolo Walser è di origine germanica. Alcuni ceppi di popolazioni alemanniche o, più probabilmente, Sassoni, che si definivano “Titsch” iniziano a spostarsi verso l’alto Vallese intorno all’VIII secolo prima di migrare ulteriormente in varie località alpine d’Italia, Svizzera, Liechtenstein e Austria. La storia del popolo Walser in Valsesia inizia verso la metà del XIII secolo, quando alcuni piccoli gruppi di coloni, per migrazioni progressive, giungono nelle vallate a sud del Monte Rosa, sviluppando poi nel corso del tempo gli insediamenti stanziali che oggi conosciamo.
Alagna, Riva Valdobbia, Rima San Giuseppe, Carcoforo, Rimasco e Rimella: sono sei le colonie Walser a sud del Monte Rosa, tutte fondate tra il XII e il XIII secolo. Tra le vallate i coloni tracciarono sentieri e resero le terre abitabili e coltivabili, convivendo sempre con una natura dominata da ghiacci e rocce.
Per molto tempo l’isolamento di questa popolazione fu quasi totale, anche per via del suo linguaggio (un idioma tedesco) e ciò permise la conservazione di tutte le sue tradizioni, abitudini e caratteristiche: dai riti religiosi all’abbigliamento, dall’alimentazione ai tratti somatici.
A causa della massiccia emigrazione stagionale degli uomini e della scolarizzazione, però, usi e costumi un tempo inizialmente pressoché identici iniziarono a cambiare, fondendosi con la cultura propriamente valligiana e conferendo alle colonie i tratti che anche oggi conosciamo.
Nel corso dell’Ottocento si iniziarono a studiare le caratteristiche linguistiche delle genti Walser e, inizialmente, gli studiosi pensarono che i Walser discendessero dai soldati di una legione romana composta da germanici e costretta a stabilirsi sulle Alpi. Solo con l’analisi accurata dei dialetti alto-tedeschi allora parlati si riuscì a collegare le comunità Walser italiane con quelle che vivevano nell’alto Vallese.
I Walser parlavano una variante del dialetto tedesco meridionale chiamata “altissimo alemanno”, molto simile alla forma arcaica del dialetto svizzero tedesco. Sono tre le varianti linguistiche a noi note: il titsch di Gressoney-Saint-Jean, il töitschu di Issime e il titzschu di Alagna e Rimella in Valsesia.
Quello Walser è un popolo contadino con uno stile di vita basato interamente sui ritmi dell’attività rurale scandita dalle stagioni e dalle festività religiose. Commerciava con le popolazioni vicine i propri capi di bestiame e i prodotti della lavorazione del latte. Le differenze economiche e razziali contrapposero le popolazioni Walser a quelle autoctone in molte dinamiche, al punto da spingerli verso l’autonomia totale nel provvedere ad ogni esigenza, dall’alimentazione alla costruzione di manufatti.
La cultura Walser si è tramandata oralmente nei secoli, passando di generazione in generazione attraverso un ricco repertorio di storie e leggende narrate durante le lunghe serate invernali. Rinomatamente grandi sono il senso comunitario, di coesione sociale, di spiritualità che si sono condensati in veri e propri riti legati ai matrimoni, ai battesimi e alla morte.
Insieme al Rosario Fiorito, la storica processione tra le montagne che si svolge ogni prima domenica di ottobre, le comunità Walser hanno mantenuto la tradizionale “festa delle genti Walser”: ogni tre anni, infatti, tutte le comunità alpine si radunano insieme, ospitate a turno in una diversa colonia.